Percorsi, contatti, scambi nell'età del Rame dell'Italia centrale

Type: 
National site
Location: 
Lazio - Roma - Maccarese
Supervisor: 
Manfredini Alessandra
Responsibles: 
  • Conati Barbaro Cecilia
  • Lemorini Cristina
  • Manfredini A.
Cooperators: 
  • Celant A. (Univ. Sapienza)
  • Curci A. (Univ. Bologna)
  • Giraudi C. (Enea)
  • Salvadei L. (Sopr. Museo Pigorini)
  • Tagliacozzo A. (Sopr. Museo Pigorini)

La conoscenza dell'Eneolitico nell'Italia Centrale è caratterizzata da dati discontinui: sul versante tirrenico a nord del Tevere (Toscana, Lazio), alle numerose necropoli a struttura ipogeica conosciute a partire dal dopoguerra e riferibili in gran parte alla cultura di Rinaldone, si aggiungono ora i dati delle necropoli recentemente scavate. Al contrario, l'aspetto insediamentale è tuttora poco noto, essendo i pochi siti eneolitici indiziati solo da raccolte di superficie.

In questo quadro l'esteso abitato di Maccarese, la cui ampiezza è stata valutata intorno all'ettaro, costituisce un'occasione unica per conoscere scelte e caratteristiche insediamentali e per porle in relazione con i più documentati aspetti funerari.

Questo sito, oggetto di ricerche sistematiche a partire dagli anni '90 da parte dell'Università di Roma "La Sapienza", si è sempre configurato come scavo scuola, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica di Ostia. Parallelamente allo scavo sono state condotte indagini geologiche e geomorfologiche che hanno indicato, nell'area, il susseguirsi di modificazioni ambientali legate alle oscillazioni della linea di riva e alle vicende della foce del Tevere, accertando l'esistenza, in epoca preistorica, di ampi stagni costieri, separati dal mare da una fascia di cordoni dunari. La posizione del sito, ai margini di una laguna, trova confronto con altre situazioni insediamentali perilacustri, attestate durante l'Eneolitico in Italia Centrale, ad esempio a Sesto Fiorentino e nel bacino del Fucino, indiziando precise scelte insediamentali.

Le ultime campagne di scavo (1998-2002) hanno avuto esiti eccezionali: sono stati infatti ritrovati i resti di cinque grandi capanne, che lasciano intravedere i caratteri dell’antico villaggio. In tutti i casi sono stati messi in luce i fori praticati nel terreno per l’inserimento dei pali in legno che sostenevano le strutture, grazie alla cui disposizione è stato possibile ricavare la pianta completa delle capanne e ipotizzarne lo sviluppo in alzato.

All'esterno delle capanne è stata individuata una serie di strutture accessorie (silos, recinti, aree pavimentate). In un'area marginale è stata rinvenuta una sepoltura in fossa senza corredo, riferibile ad un giovane di sesso maschile. Particolare importanza riveste il ritrovamento di un pozzetto nel quale era stato deposto un cavallo accompagnato da due cuccioli di cane, attestante la più antica domesticazione di questa specie in Europa intorno alla metà del III millennio a.C.

Le deduzioni di carattere economico suggeriscono, accanto a una base di sussistenza agricola, una forte caratterizzazione in senso pastorale della comunità, come prova anche il rinvenimento di una serie di fuseruole, connesse con l'operazione di filatura della lana e di bollitoi per la lavorazione dei prodotti caseari. I risultati finora raggiunti sono molto significativi ai fini della ricostruzione dell'abitato: il riconoscimento di aree caratterizzate da strutture e sistemazioni diverse fanno presupporre una articolata ripartizione dello spazio all’interno dell’insediamento, legata non solo a motivi funzionali, ma anche cultuali e ideologici.

Deduzioni di carattere sociale possono essere colte da caratteri formali specifici: essi possono indicare quindi le relazioni tra gruppi di individui che le utilizzavano, arrivando alla definizione dell’unità residenziale. Dimensioni, posizione all’interno del villaggio, funzione delle strutture possono evidenziare una partizione del villaggio che rispecchia precise caratterizzazioni sociali. L’aumento dei dati più strettamente legati alla cultura materiale (ceramica, industria litica, rame) permette di puntualizzare le soluzioni tecnologiche e l’inquadramento culturale e cronologico e il rapporto con altri gruppi coevi.

La ricostruzione del paleoambiente è indispensabile per la comprensione dell’organizzazione dei gruppi in esame: in questa fase ci si avvarrà della collaborazione del geomorfologo (dott. Giraudi, ENEA) per la conoscenza dell’aspetto che il territorio aveva nelle condizioni originarie e delle modificazioni sopravvenute per opera dell’uomo. In particolare si cerca di cogliere le variazioni della linea di riva, l’andamento dei corsi d’acqua, la conformazione della laguna.

Il contributo dello specialista paleobotanico avviene su più livelli, dal prelievo di colonne polliniche, strumento ottimale per la conoscenza della vegetazione regionale, allo studio dei carboni rinvenuti all’interno del sito, significativo per il riconoscimento delle associazioni arboree a breve distanza, alla raccolta sistematica dei macroresti vegetali (semi di piante domestiche e selvatiche). L’archeozoologo (Dott. Tagliacozzo e Curci, Museo Pigorini) si occupa delle evidenze faunistiche, sia individuando attraverso lo studio delle ossa degli animali caratteristiche di età, sesso, tipi di macellazione, processi tafonomici, che possono fornire modelli di sfruttamento differenziato delle specie domestiche e selvatiche.

Bibliography: 
  • Manfredini A. (a cura di), Le dune, il lago, il mare: una comunità di villaggio dell’età del rame a Maccarese, Origines, Firenze 2002.
  • Fugazzola Delpino M.A. - Manfredini A. - Martini F. - Radi G. - Sarti L. - Silvestrini M., Insediamenti e strutture neolitiche ed eneolitiche dell’Italia centrale, Atti della XXXV Riunione Scientifica dell’Istituto Italiano di Preistoria e Protostoria in Le comunità della preistoria italiana: studi e ricerche sul Neolitico e le età dei Metalli in memoria di L. Bernabò Brea, Lipari 2-7 giugno 2000, 2003, pag. 93-112 .
Funding: 
  • "Sapienza" Università di Roma (Ateneo)
  • Comune di Fiumicino
  • CNR

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