Jebel Zawa

Tipologia: 
Scavo estero
Località: 
JEBEL ZAWA, GOVERNATORATO DI DOHUK, REGIONE DEL KURDISTAN IRACHENO, IRAQ
Direttore: 
Cecilia Conati Barbaro
Responsabili: 

Cecilia Conati Barbaro

Collaboratori: 
  • Daniele Moscone (Kiel University)
  • Luca Forti (Università di Milano)
  • Giacomo Eramo (Università di Bari)
  • Marco Mulargia (Università di Sassari)

Il progetto di ricerca della Sapienza Università di Roma nel Jebel Zawa (Governatorato di Dohuk), nasce nel 2022 con lo scopo di esplorare un’area particolarmente ricca di importanti testimonianze archeologiche relative alle fasi preistoriche e protostoriche. Le indagini sono state pianificate in continuità con le attività di ricognizione condotte, a partire dal 2015, in collaborazione con il progetto ParTen dell’Università di Udine.

Questa montagna è costituita dalla formazione geologia chiamata Pila Spi, che contiene spessi strati calcarei ricchi di noduli di selce di ottima qualità. Grazie a queste caratteristiche e alla buona lavorabilità, è stata una delle materie prime litiche più utilizzate per la realizzazione di manufatti fino all’epoca storica. Questa risorsa naturale, insieme alla ricchezza di acqua e vegetazione, ha favorito la frequentazione del Jebel Zawa (Chiya-e-Zawa in curdo), fin dalla più antica preistoria. Infatti, gruppi di cacciatori-raccoglitori neandertaliani frequentavano già l’area intorno a 60000 anni fa, come indicano gli strumenti in selce rinvenuti sulla sommità della montagna e in un grande riparo nella valle di Gali Kahni (sito 1022).

La scoperta senz'altro più rilevante è quella delle miniere di selce e delle aree di lavorazione connesse, che risalgono al IV-III millennio a.C. I ripidi pendii delle valli centrali del Jebel sono costellati di cunicoli, in origine scavati dall'acqua, che gli antichi minatori hanno ampliato per estrarre i blocchi di selce dai quali ricavavano lame di grandi dimensioni Si tratta di manufatti attestati in diversi siti del Mediterraneo orientale e dell'Asia sud-occidentale, la cui fabbricazione necessitava di specifiche attrezzature, abilità tecniche specializzate e adeguate materie prime non disponibili ovunque. Le lame erano utilizzate nelle lavorazioni agricole e artigianali.

Grazie alla survey intensiva nelle valli del Jebel, abbiamo potuto ricostruire l’organizzazione dell’attività mineraria con cave a cielo aperto per l’estrazione dei noduli di selce, aree estrattive all’interno dei cunicoli naturali scavati dall’acqua dove i minatori realizzavano ampie camere, lasciando, dove necessario, pilastri di roccia per sostenere il soffitto. Noduli di selce abbandonati all’interno delle gallerie e numerose tracce di strumenti da scavo sulle pareti, molto spesso in corrispondenza dei noduli da estrarre, costituiscono tracce evidenti di questo intenso lavoro minerario. I blocchi di selce venivano selezionati e sbozzati in prossimità delle zone estrattive e successivamente lavorati in officine artigianali dove venivao realizzate le grandi lame. Abbiamo identificato alcuni di questi siti specializzati sul Jebel stesso (sito 980) o nei villaggi della pianura a poca distanza, nei siti 48 e 50, scoperte che confermano la stretta relazione tra gli abitati e le attività minerarie.

Finanziamenti: 

La Missione archeologica nel Jebel Zawa 2022 è stata finanziata dal Ministero degli Affari esteri e della Cooperazione Internazionale e dalla Sapienza Università di Roma.

© Università degli Studi di Roma "La Sapienza" - Piazzale Aldo Moro 5, 00185 Roma